L’AQUILA – In nessun istituto scolastico italiano è permesso utilizzare lo smartphone in classe: si tratta di una delle regole presenti in qualsiasi patto di corresponsabilità che viene sottoscritto da genitori e docenti a inizio anno o qualsiasi circolare della dirigenza scolastica. Gli istituti possono anche requisire i dispositivi all’inizio delle lezioni. 

La norma di riferimento in questione è la Direttiva Ministeriale 104 del 30 novembre 2007: “Dall’elenco dei doveri generali enunciati dall’articolo 3 del D.P.R. n. 249/1998 si evince la sussistenza di un dovere specifico, per ciascuno studente, di non utilizzare il telefono cellulare, o altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche”.

Nella sostanza però, non viene vietato di portare il cellulare a scuola ma va tenuto spento durante le lezioni. Ovviamente ogni istituto ha il proprio regolamento, con misure più o meno stringenti che quindi possono variare da scuola a scuola, arrivando anche al ritiro degli smartphone prima delle lezioni. Ma come si comportano i ragazzi e i docenti nelle nostre scuole?  Lo chiediamo alla preside Elisabetta Di Stefano dell’Istituto Statale Superiore LEONARDO DA VINCI- OTTAVIO COLECCHI.

“L’uso dei cellulari a scuola è un serio problema – spiega la preside ad Aquilatv – lo è per tutte le scuole. Non riusciamo a trovare un modo per impedire ai ragazzi di utilizzarlo. Le mie circolari prevedono che il cellulare sia tenuto spento nello zaino ma, naturalmente i ragazzi riescono a tenerlo acceso. Loro sanno anche che è assolutamente vietato girare video, registrare audio e diffonderle sui social, però riescono a sfuggire al controllo”. 

Ma a chi spetta allora questo controllo? 

“Il controllo spetta ai docenti – prosegue la Preside – quando si accorgono che i ragazzi utilizzano i cellulari, oltre al richiamo verbale annotano sul registro di classe il comportamento che a volte viene sanzionato anche in modo severo se ci accorgiamo che è stato registrato un video oppure un audio. La sanzione a scuola ha una finalità prettamente educativa, non repressiva, non è mai fine a se stessa.

L’utilizzo del cellulare durante le lezioni è effettivamente una grande, grande, criticità sia per quanto riguarda i risvolti penali per la divulgazione di immagini/audio/video sia per il disturbo che l’oggetto crea nello svolgimento della didattica.  Non ci diamo per sconfitti – aggiunge – quotidianamente cerchiamo di guidarli verso il rispetto delle regole, cercando anche la collaborazione delle famiglie che, per prime, non riescono a controllare il comportamento dei loro figli”.

La cosa più sconcertante è vedere durante l’orario di lezione video su Tik Tok di studentesse che fanno playback di canzoni o mostrano solo il loro look mentre la docente spiega. “Siamo a conoscenza di queste situazioni, qualche tempo fa da molte insegnanti veniva applicata la regola di far lasciare i cellulari sulla cattedra, ma un giorno uno di questi è sparito e non abbiamo più adottato questo modus operandi”.

Una soluzione però la Preside Elisabetta Di Stefano sembra averla trovata: “Proprio ieri – conclude – una docente ha proposto di mettere in ogni classe un armadietto dove ogni studente può lasciare il proprio telefonino. Sarò ben lieta di affrontare la spesa se potrà essere di aiuto, non credo alle punizioni esemplari né tantomeno al sequestro dell’oggetto, credo nella collaborazione tra famiglie e scuola, ad un’alleanza formativa col fine di educare i ragazzi al rispetto delle regole.

Gli adolescenti per strutturare la loro personalità e conquistare l’autonomia hanno bisogno della relazione con l’adulto e del conflitto, richiedono ascolto e comprensione. I genitori devono educare all’uso degli smartphone  sin dalla tenera età, limitare il tempo trascorso sui device e supervisionare il loro utilizzo, stabilire regole condivise, stimolare altre modalità di relazione, di comunicazione e di intrattenimento non virtuale. Non dimentichiamo che all’uso del cellulare sono connesse forme di dipendenza ed anche molti reati come cyberbullismo, stalking, diffamazione…

Non si tratta di demonizzarne l’uso, ma di stabilire regole chiare, dando noi adulti l’esempio, perché i ragazzi hanno bisogno di testimonianze: se a tavola io uso il cellulare, è ovvio che poi avrò difficoltà a impedire che mio figlio faccia altrettanto.”

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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