L’AQUILA – Manifestazione di un gruppo di donne davanti alla prima udienza del processo Francesco Tuccia, il militare campano accusato dello stupro della 24enne di Tivoli avvenuto a Tivoli, fuori la discoteca Guernica. Lei c’è ma non vuole essere ripresa, lui è assente. Ma ci sono le famiglie, scosse entrambe.

Comincia cìsì, con un sit-in di una trentina di donne fuori dal tribunale dell’Aquila, la prima udienza del processo con rito immediato per lo stupro di una studentessa laziale fuori da una discoteca di Pizzoli (L’Aquila) l’11 febbraio di quest’anno in cui e’ imputato il giovane campano Francesco Tuccia, all’epoca dei fatti militare del 33/Esimo reggimento artiglieria terrestre “Acqui” di stanza all’Aquila.

Assente l’imputato mentre “scortata” dall’avvocato difensore, Enrico Gallinaro, era presente in aula la ragazza che si e’ presentata con occhiali da sole, sciarpa, giacca e maglione blu e jeans, accompagnata dalla cugina.

All’inizio nella piccola aula del Tribunale provvisorio nel Nucleo industriale di Bazzano erano presenti anche i genitori della vittima della violenza, mentre i familiari di Tuccia si trovavano in disparte a pochi metri da dove si sta svolgendo il processo.

Il Presidente del collegio giudicante, entrato in aula ha subito dichiarato che il processo si sarebbe svolto a porte chiuse ad ha inviato tutte le persone estranee al procedimento penale ad uscire fuori, compresi i genitori della vittima e dell’imputato. Il Centro Anti Violenza dell’Aquila dopo la richiesta avanzata al collegio giudicante e’ stato ammesso come parte civile nel processo. Alla notizia ci sono state scene di esultanza fuori dall’aula.

Donatella Tellini, presidente e fondatrice del Centro ha spiegato: “E’ stata un’operazione curata nei particolari per non dare adito a eccezioni. Questo significa aver testimoniato la nostra vicinanza e sostegno non solo con la presenza fuori dall’aula ma anche quella significativa politica. Al giudice chiederemo che sia riconosciuta non solo la violenza ma anche il tentato omicidio.E’ stata non solo massacrata, ma anche lasciata li’ a morire”.

Una esponente di Rete Rosa ha invece sottolineato: “Siamo qui contro il femminicidio che nasce da una cultura sbagliata per troppo tempo. Non rinneghiamo il nostro essere donne la vera parita’ e’ nella differenza”. Fuori l’ingresso della sede del palazzo di giustizia erano presenti donne con striscioni e cartelloni con su scritto: “La violenza degli uomini sulle donne ci riguarda tutte”, “Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa”, “Libere di scegliere”, “Con o senza divisa guai a chi ci tocca”. “Lo stupratore non e’ malato ma figlio sano del patriarcato”. 

Il padre di lei, intervistato fuori dall’aula ha dichiarato:”Si spera che ci sia una sentenza giusta e equa – dice il padre di lei – che sia il deterrente per altri fatti che potrebbero succedere. Vorremmo una pena esemplare”.

Il processo è stato rinviato al 19 novembre.

RICORDIAMO LA NOTTE DA INCUBO:

Intorno alle 00.20 la vittima ed una amica si recano in discoteca. Dopo alcuni minuti trascorsi all’ingresso le due ragazze entrano nella sala da ballo e si siedono a chiacchierare con alcuni conoscenti e consumando da bere; consumano da bere e poi si recano a ballare.

Poco dopo, nella stessa sala entra il sospettato in compagnia degli amici. Due di questi si allontaneranno in macchina di li a poco per ritornare al locale solo a serata terminata. I due amici si mettono a ballare proprio vicino alle due amiche. La presenza di tutti delle ragazze è documentata da una serie di immagini scattate dal fotografo che fa servizio nel corso delle serate.

Verso le 02.20 circa la vittima e l’amica decidono di fare un giro per la discoteca. Proprio in questa circostanza una delle due perde il cellulare, ne scaturisce una ricerca affannosa (anche questa documentata dalle telefonate fatte da un’amica sull’utenza del telefono smarrito dell’amica nel tentativo di sentirlo suonare) che coinvolge anche parte del personale di servizio che ricorda e descrive bene le due ragazze delle quali, taluno, evidenzia una forse eccessiva euforia.

Poco dopo le 03.00 una delle due ragazze, spazientita dalla perdita dell’apparecchio decide di andare via per prendere l’autobus. L’altra resta sola e si reca a ballare. Proprio in questo momento è documentato da più persone l’incontro con il sospettato. I testimoni raccontano di parole scambiate tra i due, forse qualche tenerezza, e poi dell’allontanamento dei due dal locale e della ragazza che addirittura appare camminare a fatica. L’amico resterà, solo, in discoteca per tutto il tempo.

Circa dieci minuti dopo il sospettato è nuovamente in discoteca, ma questa volta è sporco di sangue e non c’è più alcuna traccia della ragazza che, sarà soccorsa fuori dal proprietario del locale e soccorsa dagli uomini della sicurezza, priva di conoscenza in una pozza di sangue e con un quadro clinico che consiglia al personale del pronto soccorso l’immediato accompagnamento in ospedale, ove sarà sottoposta ad intervento chirurgico urgente.

Proprio l’aver visto i ragazzi insieme induce gli addetti alla sicurezza a trattenere il sospettato sino all’arrivo dei Carabinieri, chiedendo chiarimenti sull’accaduto ad un interlocutore che si è trincerato di volta in volta dietro risposte di comodo.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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