L’AQUILA – Cialente vede nero e Chiodi minaccia di dimettersi. Sul fronte delle tasse l’orizzonte è buio e a meno di un provvedimento un extremis, dovremo ripagare i primi dodici mesi delle imposte sospese e poi messe a rate dopo il terremoto. Il pessimismo aleggia nei palazzi del governo di questa città e non potrebbe essere diversamente.

Con l’aria che tira sono in molti a dubitare dell’effettiva volontà del governo di risolvere in qualche modo il problema a vantaggio degli aquilani e degli abitanti dei comuni del cratere sismico che chiedono una nuova proroga. Sarà possibile il ‘miracolo’ ancora una volta? Difficile dirlo. Ci vorrebbe un colpo d’ala, ma l’aria è diversa dalle altre volte. Tuttavia bisogna insistere. La città giustamente si mobilità. Il governo dovrebbe impegnarsi con un decreto. Lo farà in un momento in cui deve far fronte alle difficoltà della crisi che minaccia di travolgere non soltanto l’Italia ma anche l’Europa?

A soffrire sono soprattutto le aziende di tutto il ‘cratere’, quasi quarantamila. Restituire le tasse del terremoto in questo momento significherebbe strangolarle. Si tratta di imprese medio piccole, tantissime a conduzione familiare. Metterle in difficoltà avrebbe riflessi deleteri sull’occupazione che nell’Aquilano è più alta che nel resto dell’Abruzzo. Le conseguenze, dunque, per le aziende sarebbero molto negative se non addirittura nefaste. Tanto più che non c’è ancora nulla di deciso sulla “Zona franca”.

L’Europa che ormai ci governa con i ‘dictat’ franco-tedeschi, non ha ancora deciso nulla. Né deciderà, riteniamo, a breve nonostante le pressioni della Regione e del governo. E allora? Il problema va affrontato con molto realismo. Se salta la proroga, bisogna innanzitutto chiedere la diversificazione dei rimborsi, secondo il principio che paga di più chi più ha. Dunque con un occhio al reddito delle persone.

Togliere la tredicesima, tanto costerebbe il rimborso 2011, a una famiglia monoreddito a stipendio basso, e ce ne sono tantissime, equivarrebbe a toglierle il fiato. Togliere la tredicesima a chi ha un reddito alto significherebbe imporre sì un sacrificio, ma limitato. Se salta la proroga, qualcosa del genere potrebbe rappresentare un piano ‘B’, che non vale in nessun caso per le aziende, che comunque vanno salvaguardate in modo diverso, cioè esentandole del tutto. Invece di minacciare le dimissioni, Chiodi, e di continuare a vedere nero, Cialente, dovrebbero entrambi agire in questa direzione: ottenere, realisticamente, ciò che è possibile, altrimenti per gli aquilani e gli altri abitanti del cratere sarà davvero un triste Natale.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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