L’AQUILA – La tregua è finita, ritornano i proclami. Tuona il sindaco Massimo Cialente: la ricostruzione pesante è al palo, non è mai cominciata, c’è quasi un miliardo e mezzo di euro che è lì inutilizzato, che nessuno spende perché la normativa per ricostruire è farraginosa, poco comprensibile e per di più è arrivata tardi.

A fianco di Cialente troviamo gli ingegneri e il loro presidente Paolo De Santis. Hanno la tutti la coda di paglia e tengono mano a Cialente. Una coda che può prendere fuoco da un momento all’altro, e per rendersene conto basta guardare la graduatoria comparsa su giornali, elettronici e non, dei professionisti più gettonati, quelli che hanno fatto incetta di incarichi e progetti (non a caso hanno parlato di “business della ricostruzione”). Progetti che poi sono andati a intasare gli uffici delle ‘Tre Sorelle’, Fintecna, Reluis e Cineas, già lente per conto loro e che continuano a tardare nonostante gli impegni che non riescono a mantenere.

E così Cialente ha buon gioco a fare proclami in vista delle elezioni, anche perché, a ben vedere, non ha tutti i torti. Sì, è vero, la ricostruzione pesante, quella delle case ‘E’ della periferia, ancora non decolla, ma il sindaco farebbe bene a guardare anche in casa propria, oltre che lanciare accuse sibilline e indiscriminate. Non ha tutti i torti, certo, ma ci dica perché l’ufficio del Comune che deve rendere ufficiali le richieste di integrazione ai progetti da parte di Reluis e Cineas, impiega venti giorni per farlo. Venti giorni sono tanti, rappresentano quasi un terzo del tempo stabilito l’estate scorsa per l’intero iter di una pratica, ossia tre mesi. Dicono che l’ufficio aspetta di avere un certo numero di richieste prima di pubblicarle sul sito del Comune e all’albo pretorio.

Ma perché non può farlo a mano a mano che arrivano? Fosse anche una pratica alla volta? Non ci sarebbe maggiore rapidità e automatismo invece del sistema adottato che è lungo e farraginoso? Venti giorni per ufficializzare le richieste di integrazione, altri venti per pubblicare il contributo definitivo fanno quaranta giorni. E quaranta giorni su tre mesi, il tempo massimo in teoria per una pratica, sono francamente troppi.
Guardi in casa propria Cialente, accerti, verifichi. Si renderà conto che le nostre non sono bugie. E allora tiri le orecchie ai propri dirigenti, ai funzionari, agli impiegati.

Molti di loro (quasi tutti, forse) non si sono ancora resi conto che all’Aquila c’è stato un terremoto e che se si vuole ricostruirla bisogna restare in ufficio fino a tardi, lavorare anche nei giorni di festa, saltare le ferie. E non esageriamo, perché è così che si gestisce una situazione di permanente emergenza. La routine, insomma, va messa da parte, il passo che gli addetti comunali avevano prima del sisma non serve più. Cialente se ne renda conto. O forse ne è già consapevole, anche se trova più naturale (e conveniente) addossare la colpa ad altri.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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