L’AQUILA – Quasi cinque anni sono passati dal 6 aprile 2009, quando un terremoto ha devastato L’Aquila.
L’Aquila è il capoluogo della Regione Abruzzo, in cui si concentrano fondamentali centri direzionali e di amministrazione. Oltre che una importantissima Università e l’Ospedale regionale.
E’ una Città-Territorio con circa 1830 monumenti delle più diverse tipologie, il cui Centro Storico contiene circa 250 palazzi vincolati dal Ministero dei Beni Culturali. Durante le operazioni di emergenza sono state censite, tra l’altro, dalla Protezione Civile, 4917 opere d’arte “mobili”, 247.532 volumi provenienti da archivi storici e biblioteca provinciale.
L’Aquila è annodata, per mezzo di importanti siti archeologici e storico-monumentali, alle sue Frazioni, e ai Comuni che ne decisero la fondazione nel Medio Evo, dentro un paesaggio mirabile, di monti e d’acqua..
Il terremoto ha colpito la città della Storia, e la città della Cronaca.
La cronaca degli ultimi trenta anni è fatta dell’abbandono di ogni governo urbano della città; segnata da continui sfregi “in variante” al Piano Regolatore Generale, in un crescendo di strumenti parziali di intervento, utili solo a legittimare legislativamente la totale deregolamentazione e il piegarsi dell’Autorità Pubblica ad un grumo di interessi proprietari: delle terre, dell’edilizia, delle banche, la politica è stata subalterna o complice.
Subito dopo il sisma, la legge 77/2009 imponeva al Comune de L’Aquila, di procedere alla ripianificazione del Territorio.
A quasi cinque anni dal terremoto, questo non è accaduto.
Gli interventi edilizi della fase dell’emergenza, lo stallo nella ricostruzione del cuore della Città, gli abusivismi predatori fanno da sfondo a scelte e strumenti che l’Amministrazione Comunale pone in campo: mai dotati di visione complessiva, mai democraticamente partecipati, ma sempre parziali; sempre attenti a mettere risorse pubbliche al servizio di interessi privati.
La scelta, da ultimo, con Delibera di Giunta da far approvare al Consiglio Comunale, di procedere a “perequazione urbanistica” per il complesso delle aree comunali, sottoposte a vincolo dal vecchio Piano Regolatore Generale, ma mai acquisite alla pubblica utilità, delinea la definitiva e drammatica sconfitta della possibilità di dare un senso civico e urbano alla città oggi trasformata in una sterminata e brutta periferia, popolata solo da file di automobili.
Se il Consiglio approverà questa Delibera, sarà possibile raggruppare aree tra loro distanti per raggiungere la superficie necessaria ad edificare; basterà proporre un progetto e compito del Comune sarà soltanto accettare quanto proposto. Sarà il trionfo di una edilizia neanche più “contrattata”, ma “libera”: libera di servire interessi privati e mai pubblici. La quantità enorme di territorio, 730 ettari, che rientra in questa fattispecie, di fatto consegna qualunque possibilità di ripianificazione alla pura e semplice presa d’atto delle trasformazioni che l’emergenza e gli interessi privati hanno prodotto sul nostro Territorio.
Bisogna che questo scempio sia fermato. Il Consiglio Comunale, escludendo dal voto tutti i Consiglieri Comunali proprietari di terre che siano interessate dalla Delibera, deve far ritirare questa Delibera alla Giunta e aprire invece , concludendola in tempi rapidissimi, la redazione di un nuovo Piano Regolatore Generale della Città, partecipato e di rilievo nazionale perchè lo Stato deve affidare a L’Aquila le risorse necessarie a perseguire quelle finalità di pubblico interesse quali ad esempio sicurezza, sostenibilità, bellezza, cura del paesaggio efficienza ed efficacia delle infrastrutture, prevenzione, socialità, risparmio energetico… , sin qui trascurate colpevolmente, e che invece vanno messe al centro di una nuova fondazione della Città.

Appello per L’Aquila

LA RISPOSTA DELL’ASSESSORE PETRO DI STEFANO

Le richieste del gruppo consiliare di Appello per L’Aquila di ritiro della delibera di prossima discussione in Consiglio Comunale sulle aree bianche, produce, paradossalmente, proprio quello che si dichiara di voler scongiurare: il perdurare del saccheggio urbanistico di questa città.
La normazione delle cosiddette aree bianche, opera meritoria di questa Amministrazione che mette fine al più libero far west edificatorio e, di conseguenza, a tutti i commissariamenti a cui ancora oggi si soccombe per legge, è l’atto pianificatorio anticipatorio del prossimo PrG. Una sorta di salvaguardia e anteprima normativa che inizia a riportare ordine nella totale assenza di questi ultimi trent’ anni.
Prova ne è che, casomai ci fosse bisogno di nuova edificabilità con il prossimo PRG, quella già normata dalle aree bianche andrà scomputata.
L’illegittima permanenza dei vincoli ha portato fino ad oggi al proliferare di sentenze a carico dell’Ente che certo non si uniformano alla delibera (già approvata dalla Giunta e concordata con la Provincia) e che hanno prodotto atti tra loro separati e disorganici che curano esclusivamente il diritto edificatorio del singolo con indici di gran lunga più alti rispetto a quelli della delibera e per giunta scevri di quelle cessioni che tutelerebbero la comunità con un disegno unitario e strategico.
Il principio perequativo esistente nella delibera assegna infatti il 65% di cessione per opere di interesse pubblico (verde pubblico attrezzato, parcheggi, servizi) e impone ai proprietari confinanti di operare in proposte unitarie e organiche con lotti minimi di 1.500 mq. Invece per lotti superiori ai 5000 mq sono previsti anche Piani particolareggiati che in seguito dovranno essere sottoposti all’attenzione dell’amministrazione pubblica. La normazione inoltre facilita interventi diversi dall’edificatorio residenziale in senso stretto per aprire anche a strutture di servizio.
Indugiare ancora nell’approvazione da parte del consiglio di una delibera pronta da tre mesi comporterà ancora l’intervento dei commissari e vanificherà qualsiasi azione per il nuovo PRG con la condanna da parte della Corte dei Conti degli amministratori colpevoli di danno al patrimonio del Comune.
Sembra quasi che APL, con la sua sortita, voglia cooperare con chi vuole sfregiare il territorio a vantaggio di interessi fondiari non sempre trasparenti.
Il Comune dell’Aquila, sulla procedura di formazione del nuovo PRG, ha giá approvato la delibera che inizia le procedure, ha stanziato le somme e, per la partecipazione, si è dotato degli strumenti in vigore e altri ancora ne sta promuovendo, come il neo costituito urban center. A questi dannosi ultimatum a mezzo stampa avrei preferito una serrata discussione in seconda Commissione consiliare dove, al contrario, si è purtroppo registrato un abbandono dell’aula da parte della minoranza.
Convinto sostenitore degli strumenti e possibilità esistenti, credo che la discussione in Consiglio sarà occasione di confrontare, senza rete e spero senza scuse, le reciproche ragioni con la presenza degli atti in discussione.
Non vorrei invece dover registrare, proprio da chi professa nuovi metodi di fare politica, il ripetersi di vecchie tattiche per far mancare il numero legale e vanificare ogni decisione consiliare per consegnare tutta la vicenda nella mani di un anonimo commissario ad acta.

Pietro Di Stefano, assessore all’urbanistica e pianificazione.


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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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