L’AQUILA – L’analisi socio-economica ha da tempo messo in evidenza le diseconomie presenti nell’attuale assetto di province e comuni connesse, da un lato, all’eccesso di frammentazione territoriale e alla sovrapposizione delle funzioni e, dall’altro, alla scarsa corrispondenza tra il livello comunale, inteso come unità di regolazione, e l’attuale distribuzione territoriale delle attività produttive e residenziali. Il disegno di legge 3558, che mira a razionalizzare il ruolo delle province italiane, si inserisce in un contesto di “urgenza” in cui l’obiettivo di riduzione della spesa pubblica non sempre converge con quello, altrettanto importante, di avere riforme coerenti ed organiche.

La riforma istituzionale sarebbe maggiormente condivisa e genererebbe vantaggi aggiuntivi a quelli previsti se, fra gli amministratori locali, si rafforzasse la persuasione che mantenere la situazione attuale (numerosi enti locali, piccoli e con risorse scarse) in un contesto di perdita di competitività ormai quasi ventennale significa rassegnarsi ad offrire a famiglie e imprese servizi quantitativamente e qualitativamente declinanti. L’obiettivo di questo breve approfondimento è quello di fornire al dibattito in corso alcuni preliminari elementi quantitativi che contribuiscono a delineare le dimensioni attuali e quelle ipotetiche a cui potrebbe condurre il processo di riforma istituzionale nella nostra regione.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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