L’AQUILA- Non piace all’assessore al Turismo Lelio De Santis la legge per la ricostruzione dell’Aquila e degli altri comuni del cratere, meglio conosciuta come la ‘legge Barca’, in discussione in parlamento. Non lo soddisfa perché il governo di Roma ha posto fine alla gestione commissariale, ma ha accentrato di fatto la ricostruzione della città. Con questa legge si privilegia (e c’era da aspettarselo visto il retroterra culturale e ideologico di Barca) l’intervento pubblico, lasciando a quello privato un ruolo, a quanto pare, sempre più marginale. Il rischio di finire dalla ‘padella del commissario’ nella ‘brace del governo dei tecnici’ è concreto e reale. A De Santis vorremmo ricordare che ognuno si ha quel che si merita e con tutto quel can can che gli amministratori del nostro Comune hanno fatto contro la gestione commissariale, non ci si deve poi meravigliare se ci sono alcuni che scuotono l’albero, compreso De Santis, e altri che raccolgono le mele. Comunque ecco la nota dell’assessore che pubblichiamo volentieri di seguito (G.D.R.).

“BRUTTO SEGNALE DA GOVERNO E PARLAMENTO”

“L’approvazione in Commissione solo di alcuni emendamenti importanti – scrive De Santis – e il rifiuto di altri essenziali e qualificanti, come il finanziamento delle case non destinate ad abitazione principale delle frazioni e dei Comuni del cratere, rappresenta un segnale brutto e negativo per il futuro dell’Aquila e del suo comprensorio. Il Governo ed il Parlamento, al di là della soddisfazione per la fine della gestione commissariale, hanno assestato un colpo in testa agli aquilani che, ad oltre tre anni dal sisma, ancora non hanno la certezza di vedere ricostruita la città, che è fatta anche di Borghi e di frazioni, ed hanno cancellato la possibilità di rinascita dei Paesi del cratere, di cui L’Aquila ha un bisogno assoluto per disegnare un nuovo e moderno sviluppo economico e turistico.

“SENZA I 30 MILIONI L’AQUILA RISCHIA LA PARALISI”

“Il mancato accoglimento dell’emendamento per garantire la stabilità finanziaria del Comune dell’Aquila con 30 milioni e degli altri Comuni con 5 milioni, per coprire le minori entrate a seguito del terremoto, richiesta dimostrata doverosa e congrua con un atto formale inviato al Direttore generale del Ministero dell’Economia, è ancora più grave sul piano amministrativo. Significa paralizzare l’attività amministrativa ed impedire di erogare servizi e di realizzare tutte le opere pubbliche con fondi e donazioni, inutilizzabili senza un Bilancio approvato entro il termine del 31 Agosto.Un Governo tecnico che non approva un provvedimento con valenza esclusivamente tecnica per soddisfare richieste oggettive ed indifferibili, come quella del pareggio di Bilancio, dimostra di non saper riconoscere nemmeno le esigenze tecniche e finanziarie dei Comuni terremotati, che non hanno colore politico o valore discrezionale!

“POSIZIONI DI CHIUSURA DETTATE DA PREGIUDIZI”

“Ed allora, ci troviamo in presenza  di posizioni ci chiusura da parte del Governo e del Parlamento non motivate sul piano tecnico, ma dettate solo da pregiudizi verso la capacità di spesa degli Enti Locali o da ostilità politica  verso una Città ed una Regione che non sono rispettate a dovere nelle stanze del Potere romano.Una riflessione, forse, dovrebbe essere fatta dai Partiti che sostengono il Governo Monti, che oltre a colpire in modo indiscriminato i ceti meno protetti, ora colpisce anche le popolazioni terremotate, non riconoscendo loro il diritto ad avere un futuro. Un intervento dei tre azionisti del Governo, Bersani, Alfano e Casini, potrebbe ridare dignità e oggettività alle richieste sacrosante dei Comuni terremotati, la cui completa ricostruzione è un fatto di civiltà e non di carità.

 

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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