L’AQUILA – Appuntamento all’insegna della leggerezza e di atmosfere romantiche per il tradizionale  appuntamento estivo a Rocca di Mezzo con I Solisti Aquilani, promosso dal Consorzio per lo Sviluppo Culturale delle Rocche, unitamente al Comune di Rocca di Mezzo. Il ricavato del concerto sarà devoluto alla Associazione “L’Aquila per la vita“.

Bacchetta della serata Vincenzo Mariozzi, direttore artistico dell’ensemble abruzzese, affiancato da Antonio Amenduini, tra i maggiori flautisti del panorama internazionale e dal compositore e pianista Sergio Calligaris. In apertura il Concertino in sol maggiore per archi di Pergolesi, meteora e mito della musica napoletana, che in una manciata di anni – all’incirca tra il 1730 e il 1736 – rinnova stili e generi, mescola il sublime e il plebeo, rivoluziona le scene.

A seguire il Concerto per flauto e archi di Mercadante, pagina concertistica tra le più conosciute e ammirate dagli interpreti e probabilmente la più amata dallo stesso.
L’interesse e l’apprezzamento per tale concerto è da ricercare nella fantasiosa vena creativa. La scrittura del solista appare molto impegnativa e virtuosistica: bel canto e melodia, tratti distintivi dello stile mercadantiano, dominano non solo nel tempo lirico (Largo), concepito come pezzo per solo accompagnato, ma anche nei movimenti veloci estremi, in particolare nel primo (Allegro maestoso), in cui tre importanti episodi solistici dispiegano una vasta gamma di procedimenti tecnici, diversificati andamenti ritmici e articolazioni atipiche distribuite nell’intera tessitura.

E’ poi la volta di un brano di Sergio Calligaris, Toccata, adagio e fuga per archi. Una lenta e breve Introduzione, affidata ai violoncelli e contrabbassi, a modo di un recitativo espressivo, anticipa quelle che saranno la Fuga e l’Adagio. Il tutto scandito da  un intreccio contrappuntico che dà luogo a un’armonia assai ricercata.

Il lavoro è stato dedicato al maestro Vittorio Parisi.

La seconda parte della serata si apre con il Concerto per archi di Nino Rota che prelude al recital di Sergio Calligaris alla cui perizia pianistica sono affidate le partiture di Ravel e Schumann, con un ulteriore finale “assaggio” delle sue partiture, l’Ave Maria e Cadenza e Finale.

Il Concerto per archi (1964-65), appartiene alla stagione della piena maturità creativa di Rota. Considerato nel campo cinematografico il più importante compositore italiano – Rocco e i suoi fratelli (1960) e Il Gattopardo (1963) di Luchino Visconti; La dolce vita (1959-60) e Otto e mezzo (1963) di Federico Fellini tanto per citare qualche titolo –  il Maestro, dopo anni di ‘galera’ cinematografica, decise che era venuto il momento di dedicare più tempo alle sue cose e accettò di buon grado la commissione del gruppo ‘I Musici’, una delle orchestre cameristiche più titolate dell’epoca.Oggi a tanti anni dal debutto il Concerto per archi è uno dei lavori più eseguiti e incisi del catalogo rotiano. La partitura è suddivisa in quattro movimenti con un impianto rispettoso della tradizione del concerto strumentale non solistico; tutta la famiglia degli strumenti ad arco è chiamata ad esprimere le proprie doti melodiche.

Ed eccoci al Recital.

Ad aprire le danze Una barque sur l’océan da Miroirs di Ravel.

Composti tra il 1904 ed il 1905, i cinque Miroirs («Specchi») cristallizzano sulla tastiera altrettante suggestioni fantastiche, coniugando la vocazione e l’anelito alla ‘chiarezza’ di scrittura con un’attitudine altrettanto spiccatamente francese: quella all’evocazione di sapore impressionista. Così anche l’apparente luminosità di Une barque sur l’océan suona all’orecchio costantemente offuscata dal misterioso richiamo della profondità degli abissi. Invenzione strumentale, sperimentazione armonica, libertà formale, policromia ritmica scandiscono la Nouvellette n. 1 di Schumann, dove esplode la totalità del linguaggio  dello stile personale del musicista, ormai in grado, mediante il pianoforte, di fissare e moltiplicare in un’esplosione continua di idee, di forme che si concatenano e si rispondono, le suggestioni del suo romanticismo di sogno. Il concerto si chiude sulle note dell’Ave Maria e di Cadenza e Finale dell.op. 29 di Calligaris. La sua Ave Maria è un piccolo gioiello di ritrovata tensione mistica: il tema drammaticamente ascendente con cui esordisce il saluto angelico, veicola un’esperienza d’amore traboccante, un’ansia di superare gli argini del finito:
una versione dell’Ave Maria per pianoforte solo, eseguita dallo stesso Calligaris. L’essenziale universo sonoro sembra che si riempia a poco a poco della luce di ogni singola nota..Conclusione tra la Cadenza e il Finale dellop.29.

Composto all’inizio degli anni Novanta il Concerto rivela forti ascendenze romantiche e classicistiche. Vi trionfa l’armonia di familiari timbri pianistici e di ricchi impasti orchestrali che fanno subito pensare a Prokofiev, a Hindemith, a Dallapiccola.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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