L’AQUILA – Adesso il sindaco dell’Aquila gioca a fare lo sfascista. Ieri ha provato a far saltare il tavolo tecnico sulla ricostruzione. C’era il sottosegretario Gianni Letta, che segue passo passo quel che avviene all’Aquila in questi giorni in cui sta prendendo avvio, sia pure a fatica, la ricostruzione pesante.

E c’erano Gianni Chiodi, il commissario straordinario alla ricostruzione, e il suo vice Antonio Cicchetti, ma c’erano soprattutto i sindaci di molti comuni del cratere. Cialente si è infuriato quando i presenti hanno cominciato a parlare di piani di ricostruzione dei centri storici, in particolare di quello dell’Aquila che ancora non ce l’ha.

l sindaco di colpo s’è alzato dal tavolo, ha protestato, poi è andato via sbattendo la porta. Aveva appena dovuto prendere atto che diciotto comuni del cratere, i piani di ricostruzione li avevano già presentati e che, perché avesse via libera la ricostruzione del centro storico dell’Aquila, un piano di ricostruzione doveva presentarlo anche il Comune capoluogo.

Una realtà che gli ha fatto saltare i nervi, ma che è in linea con la posizione del ministro dell’Economia Giulio Tremonti che è stato molto chiaro: “Il Governo tirerà fuori i soldi per il centro storico dell’Aquila e degli altri comuni del cratere, soltanto dopo che al Commissario Gianni Chiodi saranno stati consegnati i piani di ricostruzione”.

Insomma “no piani, no soldi”. E si sa bene com’è fatto Tremonti quando si tratta di mettere mano alla borsa. Cialente ha tentato di superare l’ostacolo proponendo per il centro dei piani stralcio in linea col piano regolatore della città, e quando Chiodi ha risposto picche ha iniziato un inutile braccio di ferro col commissario governatore .

Il contrasto è andato avanti fino alla riunione del tavolo tecnico. E lì Cialente ha perso le staffe quando s’è visto scavalcare dai sindaci dei comuni più piccoli che il piano di ricostruzione l’avevano già bell’e pronto. Il primo cittadino ha mosso accuse pesanti: “vogliono massacrare L’Aquila”, “i cantieri sono fermi, con gli operai edili in cassa integrazione”, “le macerie? Ci impediscono di rimuoverle”. Insomma un gioco al massacro, una sfuriata che non ha convinto nessuno. E’ forse banale ricordare che la calma è la virtù dei forti, ma dal sindaco di una città come L’Aquila, una città capoluogo semidistrutta da un terremoto, ci si aspetterebbe un diverso equilibrio. Cialente vuole andar via? Si accomodi. Ma non vediamo come questo “possa salvare la città”.

Faccia invece il piano di ricostruzione, anche se ciò equivarrà a sottolineare il grave ritardo e le responsabilità del Comune capoluogo. Ma è l’unica strada da seguire. Con i tempi che corrono, anche i conti del terremoto devono mantenersi rigorosamente in ordine. Il Governo, non c’è bisogno di dirlo, manterrà i patti e finanzierà, come stabilito, la ricostruzione dell’Aquila. Ma Cialente, per favore, non cerchi pretesti e non si affidi allo spirito di appartenenza, si dia invece da fare. Il vittimismo e le sfuriate non servono a ricostruire la città.

 

 

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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