L’AQUILA – Cinque dirigenti che non dovevano essere nominati senza concorso. Il rapporto del ministero dell’Economia e delle Finanze contesta anche questo aspetto della gestione del Comune dell’Aquila nell’ultimo triennio.

Cinque dirigenti che non potevano fare il salto di qualifica col relativo stipendio. Cialente parla di “colpo basso”, muove accuse al governo di Roma che non gli sarebbe amico e questa inimicizia, tutta politica, lo avrebbe azzoppato altre volte.

Il sindaco si aggrappa, cioè, allo spirito di appartenenza, ma anche stavolta, come in passato, la cosa non funziona. Come non funziona il tentativo di non farsi coinvolgere nella polemica sulla “casta”, sulle prerogative che la distinguono e che gli altri cittadini contestano. In tutta questa vicenda, il Comune ha le sue brave responsabilità e non vale tentare di scrollarsele di dosso.

Cinque dirigenti dunque. Di loro facciamo nomi e cognomi, perché non ci sembra giusto celarli dietro l’anonimato. Sarebbe un falso pudore che la deontologia giornalistica non prevede. Sono: Claudio Cerasoli, nominato al Servizio Economico nell’ottobre 2010 e prorogato fino al giugno di quest’anno; Fabrizio Giannangeli mandato a dirigere il Centro Servizi Anziani; Patrizia Principe nominata alle Politiche Culturali Sport e Turismo; Eugenio Vendrame, scelto per fare il capo della Polizia Municipale, e Mario Di Gregorio, nominato dirigente del Servizio Emergenza Sisma e Ricostruzione. Quest’ultima, forse, rappresenta la nomina più controversa, che ha fatto più rumore delle altre.

In tutti i casi citati, dice il rapporto ministeriale, al provvedimento di Cialente “ha fatto seguito il collocamento dei dipendenti nominati in aspettativa senza assegni, la stipula del contratto con ciascuno di loro e il riconoscimento della retribuzione di posizione”.

Ma poteva farlo Cialente? No, non poteva, dice il Ministero. E aggiunge: “Gli atti di nomina sono palesemente infondati, perché per avere gli incarichi i cinque dovevano avere il requisito della qualifica dirigenziale, attraverso una procedura concorsuale o selettiva”. Cioè dovevano aver fatto un concorso per esami o per titoli.

Cosa che evidentemente non avvenne. Insomma il salto da funzionario a dirigente ottenuto per decreto del sindaco, non era possibile. Va detto che quello di non fare i concorsi, anche quando ce ne sarebbe bisogno, è un vecchio vizio delle pubbliche amministrazioni, ma questo non può giustificare quanto avvenuto al Comune dell’Aquila. Di più: ammesso e non concesso che si volesse ricorrere a nomina diretta, sarebbe stato necessario “chiamare- dice il Ministero- figure esterne dotate di particolari e spiccate qualità professionali” in modo da “arricchire il livello qualitativo dell’organico comunale”. Insomma, non ci si doveva rivolgere “a funzionari già dipendenti dell’ente”.

La valutazione dell’ispettore ministeriale è chiara. Parlare di colpo basso da parte del sindaco ci sembra davvero inappropriato.

di GIANCARLO DE RISIO

 

 

 

 

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