L’AQUILA – Ricordate la storia del campus universitario di Pizzoli “Giulia Carnevale”? La struttura, costruita su alcuni terreni in località Cavallari di Pizzoli dall’omonima associazione intitolata alla giovane studentessa universitaria morta nel terremoto, sarebbe dovuta diventare un moderno studentato con 139 appartamenti su un’area di 8 mila metri quadri.

Il condizionale è d’obbligo perché lo scorso 8 Ottobre il Corpo Forestale dello Stato aveva sequestrato tutto il complesso per via una lunga lista di violazioni delle norme urbanistiche e dei vincoli paesaggistici commesse da una decina di persone, fra le quali il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Pizzoli e lo stesso papà della ragazza, legale rappresentante della fondazione.

A Gennaio quest’ultima, per bocca dello stesso Carnevale, si era impegnata a restituire a tutti gli studenti i 570 euro che ciascuno di loro aveva versato a titolo di caparra (in totale la cifra che Carnevale avrebbe dovuto rimborsare si aggirava sui 200 mila euro). Ebbene, quei soldi sono stati riconsegnati solo in minima parte: dei 260 ragazzi che avevano pagato, solo 20, ad oggi, hanno riottenuto le loro quote.

110 studenti si sono associati e hanno presentato contro Carnevale un ricorso tramite decreto ingiuntivo; e se, com’è probabile, l’imprenditore verrà rinviato a giudizio insieme agli altri indagati, si costituiranno anche parte civile nel processo. Anche perché i danni subiti dai ragazzi non riguardano solo i soldi delle caparre. Molti di loro , a causa di questa vicenda, hanno perso anche le borse di studio, il contributo di autonoma sistemazione e gli alloggi Adsu di cui erano titolari precedentemente.

Il rinvio a giudizio per gli indagati è praticamente certo anche in virtù del rigetto cui finora sono andate incontro tutte le istanze presentate dallo stesso Carnevale per il dissequestro della struttura, sulla quale ci sono ancora i sigilli fatti mettere dall’autorità giudiziaria.

I reati contestati agli indagati sono pesantissimi: trasformazione urbanistica ed edilizia in violazione delle norme urbanistiche; mancanza di un piano di lottizzazione valido; progettazione e realizzazione in difformità alle prescrizione del P.R.G.; falso ideologico; realizzazione delle opere in area sottoposta a vincolo paesaggistico, senza la prescritta autorizzazione; realizzazione dell’opera non osservando la distanza minima di 150 m dal fiume Aterno (i manufatti risultano realizzati ad una distanza inferiore di 50 m rispetto all’argine del fiume ed in ogni caso ricadono all’interno della fascia di rispetto); danneggiamento delle bellezze naturali e dei luoghi e violazione dei vincoli paesaggistici.

Di Roberto Ciuffini

 

 

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