L’AQUILA – A due anni dalla tragedia che ha sconvolto per sempre la vita degli aquilani, dobbiamo essere uniti nel ricordo, nel dolore, ma anche nella speranza. Sono vicino ed abbraccio forte le famiglie che, in quei pochissimi tragici secondi, di quell’indimenticabile 6 aprile, si sono ritrovate prive degli affetti più cari, della serenità, dell’equilibrio sociale ma anche economico. Nessuna parola, per quanto sincera e sentita, potrà lenire le loro ferite, attenuare la loro sofferenza. Possiamo solo dire che, con spirito di umana solidarietà, e nel rispetto dell’intimo sentire di ognuno, saremo loro accanto. E ci impegneremo, ciascuno per il proprio ruolo e per la propria disponibilità, affinché L’Aquila sia ricostruita. Ci vorrà molto tempo, tutti ne siamo consapevoli, ma L’Aquila del domani, dei nostri figli e delle generazioni che verranno, dovrà essere sicura, protettiva, non dovrà celare insidie né palesi nè più vigliaccamente subdole. Lo dobbiamo a noi stessi, a chi verrà dopo, ma soprattutto a chi non c’è più, ai tanti ragazzi che pensavano di realizzare qui sogni ed aspirazioni e che invece sono stati traditi; ai bambini che forse neanche conoscevano il significato della parola terremoto; alle persone anziane che mai avrebbero creduto di finire i propri giorni in un modo così violento. Dunque, stringiamoci l’un l’altro nella memoria delle 309 vittime, ma non lasciamoci sopraffare dalla rassegnazione. Loro, che con coraggio hanno sfidato anche gli allarmi di allora, non lo vorrebbero. In questa triste ricorrenza è comunque il caso di guardarci alle spalle e di compiacerci per aver avuto una insperata forza di reazione. Aiutati, in questo, da una solidarietà immensa. In tempi ristrettissimi, è stato possibile trovare una sistemazione alloggiativa decorosa e dignitosa per tutti, assicurare ai nostri studenti la normale attività didattica, portare a termine l’opera di puntellamento degli edifici danneggiati, completare i lavori nelle case più integre. In questo senso, il ringraziamento va a tutti coloro che, a vario titolo (uffici, tecnici, imprese), hanno favorito il graduale rientro di tanti aquilani nelle loro case. Una grande iniezione di fiducia, credetemi, uno stimolo importare sulla lunga strada del ritorno alla normalità. Molti sono stati anche i commercianti ed i professionisti che hanno riaperto la propria attività, nelle periferie ma soprattutto in centro, forte segnale di attaccamento alle radici. In questo processo di rinascita non possiamo certo dimenticare chi sempre ci è stato vicino: il Governo nazionale, pronto a recepire tutte le nostre istanze, a sostenerci economicamente; il sistema Paese, generoso e altruista, quanto a risorse umane e materiali; la comunità internazionale che ha finanziato il recupero di opere importanti. Dopo un primo periodo di grande slancio emotivo e di celerità operativa, il percorso di ricostruzione sta andando avanti con determinazione, impegno, condivisione. Ecco, dopo la fiaccolata commemorativa, dopo la santa messa in suffragio, col Capo dello Stato, momenti di doverosa partecipazione, cominciano a guardare al futuro con ancora maggior ottimismo. Approfitto, in questo contesto, per rivolgere un appello a tutti gli attori della ricostruzione, affinché interpretino la rinascita del territorio non solo come un business ma come una missione. Perché i giovani aquilani ed abruzzesi possano continuare a vivere laddove sono nati, sono cresciuti umanamente e culturalmente, hanno apprezzato la storia e la ricchezza architettonica, hanno affrontato sfide e sono stati protagonisti di belle esperienze. Ma anche perché i nostri anziani possano riavere i loro spazi, la loro socialità, i loro momenti di aggregazione. Per raggiungere certi obiettivi, però, bisogna mantenere la coesione e l’unità politica e di comunità. E non dividersi su questioni spesso banali per il solo gusto della polemica e della contrapposizione ideologica. I nostri cari, da lassù, vorrebbero fosse così.

di Gianni Chiodi

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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