Non è un bel vedere e neppure un bel sentire quel che sta emergendo in queste ore dal campo degli oppositori del rettore uscente Ferdinando Di Orio. Costoro (quelli più accesi si contano sulle dita di due mani) pretendono che il rettore ancora in carica si dimetta. L’Università, dicono, ha scelto la professoressa Inverardi e vuole voltare pagina, dunque Di Orio non deve aspettare la scadenza naturale del mandato, ma sgombrare subito il campo e tornare a fare il professore. Altrimenti Paola Inverardi che ci sta a fare? E che senso avrebbe una coabitazione anche se breve nel tempo? Ci siano sempre astenuti dall’entrare nelle dispute interne all’Università, perché eravamo, e siamo, del parere che un’istituzione luogo della ricerca, della cultura e della formazione dei nostri giovani, deve essere sobria, discreta, non invasiva, immune dai cattivi esempi che arrivano dal mondo della politica e delle incerte amministrazioni degli altri enti pubblici. Dobbiamo prendere atto che non è così e che anche l’Università non si salva dalle contaminazioni e dai contagi della cattiva politica.

 Di Orio, ma i suoi oppositori lo sanno bene, ha dalla propria parte la legge che lo tiene in carica fino a ottobre. Anche volendo, non potrebbe dimettersi, sarebbe una forzatura. Per queste ragioni il nuovo rettore, la professoressa Paola Inverardi, non sarà tenuta a coabitazioni di alcune genere. Entrerà in carica non appena il rettore uscente sarà decaduto. Insomma, tutto secondo la norma. Che cosa farà poi Di Orio, sono affari suoi, sceglierà lui come organizzare il proprio futuro. Il resto sono illazioni. Quanto alla professoressa Inverardi, a molti piacerebbe che spostasse la sua residenza all’Aquila. Sappiamo bene che in questo Paese ognuno può risiedere dove vuole e lavorare altrove. Ma tornare ad avere la residenza nella città terremotata, sarebbe un gesto di grande valore simbolico: sto qui, con voi, nella mia città ferita, per ricostruirla insieme con voi.

 

 

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