“Entro il 2018, ossia tra cinque anni, L’Aquila dovrà essere ricostruita”. Sarebbe facile ironizzare sulle parole del sindaco, ma poiché non abbiamo mai avuto pregiudizi né siamo inclini alla critica facile a prescindere, diciamo pure che il cronoprogramma della ricostruzione dell’Aquila e delle frazioni presentato dall’assessore Pietro Di Stefano e dal sindaco Massimo Cialente, è tutto sommato un buon lavoro che l’amministrazione ha ritenuto necessario per fare chiarezza sul futuro della città e del suo comprensorio in una fase delicata come quella attuale. Aggiungiamo che il cronoprogramma, così com’è stato elaborato, poggia su basi di partenza concrete, anche se è il discorso strategico a suscitare dubbi legittimi. E a dimostralo sono i numeri. Per rifare la città e le frazioni il Comune chiede 5 miliardi fino al 2018. Nel concreto sono disponibili 985 milioni in tre anni per l’edilizia privata, 575 per i centri storici compreso quello dell’Aquila, e 410 per le periferie, oltre a 262 milioni per l’edilizia pubblica. Sono soldi ‘veri’, soldi spendibili non appena saranno operativi gli strumenti tecnici, come l’accordo tra Comune e Banche per l’erogazione dei fondi. Indubbiamente è già qualcosa, dal momento che per l’anno in corso possono essere utilizzati 660 milioni di euro per i centri storici e 170 per le periferie, più 130 milioni per l’edilizia pubblica.

Barca, il ministro della Coesione territoriale, ha parlato di “primavera per L’Aquila” ormai imminente. Già, ma quanto durerà questa primavera? Al momento, infatti, i 5 miliardi di cui parla Cialente, sembrano un libro dei sogni. “Il governo deve dare risposte- ha detto il sindaco- noi le ‘carte’ le abbiamo presentate”. Sì, ma quale governo dal momento che già si riparla di elezioni anticipate? Il problema è tutto qui. Per ora non ci sono interlocutori, manca la controparte. Ecco perché non ci sentiamo di dare torto all’Assemblea cittadina quando dice che il ‘ministro per L’Aquila’ parla a vanvera. L’unica cosa che l’amministrazione può fare in attesa di giorni migliori, è accelerare i tempi. Ma anche qui è nebbia fitta, almeno per ora. Il Genio civile è bloccato, gli Uffici speciali sono fermi in attesa dei nuovi assunti, le pratiche, quasi 2.500 complessivamente, sono ancora ammucchiate sui tavoli dell’assessorato alla Ricostruzione, della ‘filiera’ e del Genio civile. E allora di quale primavera parla il ministro Barca, se la ricostruzione dei centri storici ancora non parte, se fatta eccezione per qualche decina di cantieri?

 

 

 

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