L’AQUILA – Il Premio Letterario Internazionale “L’Aquila”, intitolato ad una delle più grandi scrittrici italiane del ‘900, l’aquilana Laudomia Bonanni, è nato nel 2002 per volontà della Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila e del Consiglio Regionale d’Abruzzo. Il Presidente della Carispaq è il Presidente del Premio, mentre Presidente onorario è il Sindaco dell’Aquila.

Si articola in quattro sezioni, poesia edita, edita opera prima, scuola e una sezione dedicata ai componimenti dei detenuti degli istituti di pena italiani, organizzata in collaborazione con il Ministero di Giustizia.

Presidente della Giuria è Stefania Pezzopane, fondatrice della manifestazione. Fanno parte della Giuria nomi importanti del mondo letterario e giornalistico italiano: Liliana Biondi (docente di Letteratura italiana presso l’Università dell’Aquila, Anna Maria Giancarli (poetessa, fondatrice del premio di poesia elettronica Poetronics), Mila Marini (scrittrice, vincitrice di numerosi premi nazionali), Renato Minore (firma autorevole della terza pagina nazionale de “Il Messaggero”, Francesco Sabatini (Presidente dell’Accademia Italiana della Crusca), Maria Luisa Spaziani (fondatrice del Premio Montale e maggiore poetessa italiana ed europea vivente), Franco Scaglia (Presidente di RAI Cinema e RAI International), Giorgio Barberi Squarotti (Ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Torino) e Sergio Zavoli (giornalista, poeta, Senatore a vita, già presidente della Rai ed attualmente presidente della Commissione di Vigilanza Rai). Ogni anno è stato ospite del Premio a L’Aquila, per più giorni tenendo conferenze ed incontri, un poeta di livello mondiale, in una ottica di internazionalizzazione della manifestazione. Si sono succeduti, nell’ordine: Evgenij Evtusenko (Unione Sovietica), Edoardo Sanguineti (Italia) e Adonis (Siria), Derek Walcott (St. Lucia, Premio Nobel per la Letteratura 1992), Kikuo Takano (Giappone), Mahmud Darwish (Libano), Ana Blandiana (Romania), Mark Strand (Usa), Titos Patrikios (Grecia), Nathan Zach (Israele), John Deane (Irlanda).

La serata finale viene presentata dal giornalista aquilano della RAI Andrea Fusco. Sin dalla prima edizione, il Premio si è affermato come uno dei più prestigiosi concorsi di poesia italiani ed ha visto sempre la partecipazione delle maggiori case editrici nazionali e dei poeti più affermati.

Grande attenzione viene rivolta inoltre alla comunicazione, con l’acquisto di spazi sui quotidiani regionali e sulle tv locali (la serata finale viene ripresa integralmente), con la stampa di inviti, locandine, spot nelle multisale cinematografiche e totem (120×300 cm.). I loghi degli sponsor si trovano su tutto il materiale di comunicazione. Tra gli sponsor, oltre agli enti fondatori, la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, la Camera di Commercio della Provincia dell’Aquila, Confindustria Provincia dell’Aquila, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese, Sanofi Aventis, Micron, Gruppo Spee, Gruppo Edimo.

SCHEDA DI TAHAR BEN JELLOUN

 «È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per sé stessi». La frase è di Tahar Ben Jelloun, il poeta arabo-francofono nato a Fes, città santa del Marocco, il 1° dicembre 1944, residente a Parigi, padre di quattro figli, famoso anche come romanziere, saggista, giornalista, autore di teatro. La frase sintetizza bene il messaggio della sua vasta, costante nel tempo opera letteraria, per la quale ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti: Premio Goncourt (1987), Global Tolerance Award (1998), Medaglia del Senato della Repubblica Italiana (2002), Prix International IMPAC (2004); Premio Internazionale Trieste Poesia (2006).

Poeta sin da ragazzo, Tahar Ben, con L’aube des Dalles, una poesia scritta in prigione, apre il suo iter letterario nel 1968, quando ha appena 24 anni, e ha scontato due anni di campo disciplinare per aver organizzato a Rabat, dove studia, la rivolta studentesca del marzo 1965. Giovanissimo professore di Filosofia a Casablanca, nel 1971, in seguito all’arabizzazione della cultura in Marocco, si trasferisce a Parigi, e con una borsa di studio si specializza in Psichiatria sociale con la tesi di laurea sui “problemi affettivi e sessuali dei lavoratori nord africani in Francia” (conosce Jean Genet), che rielabora nei romanzi La Réclusion solitaire (1976) e La plus haute des solitudes (1977). Tuttavia, già nel 1972 aveva pubblicato, oltre a sillogi poetiche in lingua araba e francese, il suo primo articolo su Le Monde, di cui diventa presto collaboratore, ricevendo sostegno, stima e apprezzamento da Maurice Nadeau, Roland Barthes e Samuel Beckett. Importantissimi sono i suoi reportage sui pellegrinaggi alla Mecca.

Ma la notorietà gli produce anche gelosie e qualche fastidio. Il romanzo Moha le fou, Moha le sage  (Moha il folle, Moha il saggio, tradotto in italiano da Andrea Zanzotto nel 1988), sulla tortura nelle prigioni marocchine, interdetto nel 1978, è oggi in Marocco tra i libri più letti  e famosi. Notevole è anche il saggio, pubblicato nel 1984 in Francia e nel  1992 in Italia col titolo Ospitalità francese, su razzismo e immigrazione magrebina in Francia.

Il vero successo popolare giunge nel 1985 col romanzo L’énfant de sable (Creatura di sabbia, Einaudi), cui segue, complementare al primo, nel 1987, La Nuit sacrée  (Notte fatale, Einaudi, 1988), vincitore del prestigioso Premio Goncourt. La poesia, anche questa riflessiva, perlopiù speculare alle tematiche esposte in prosa, ma anche ricca di immagini originali ed esotiche e di indagine introspettiva, lo accompagna nel tempo, e nel 1995 Jelloun raccoglie l’intera produzione in Poésie complete 1966-1995 (Stelle Velate, a cura di Egi Volterrani, Einaudi, 1998). Sono anni fertilissimi, in cui anche l’Italia, soprattutto il meridione, entra nelle sue riflessioni con Dove lo Stato non c’è. Racconti italiani (Einaudi, 1991) e L’albergo dei poveri (Pironti,1998 e Einaudi,1999) ambientato a Napoli. Già collaboratore del Corriere della sera e di Panorama, Jelloun scrive ora per Repubblica e l’Espresso principalmente su questioni legate al mondo arabo e musulmano. Notissime nel mondo e preziose per il profondo messaggio sulla tolleranza, sono due sue opere: Il razzismo spiegato a mia figlia (Einaudi, 1998) e L’islamismo spiegato ai nostri figli (Bompiani, 2001). Interprete attento, sensibile e raffinato dell’anima magrebina, Tahar Ben Jelloun non trascura, tutt’altro, il valore concreto dell’eroico ruolo femminile nella società del suo Paese nativo, dove quello che manca è innanzitutto il riconoscimento dell’individuo in quanto tale. Gli ultimi eventi, che dalla Tunisia si stanno espandendo all’intero nord Africa, spostano l’interesse di Jelloun, dal razzismo e dall’Islam, al “risveglio della dignità araba” con il recente  e toccante romanzo La rivoluzione dei gelsomini (Bompiani, 2011).

La sua voce lucida e pacata, la sua parola legata al concreto, il suo stile pulito e diretto, la sua obiettività legata all’evidenza, le sue riflessioni basate sui fatti, la sua liricità evocata dalla sincerità del cuore, i suoi sentimenti di tolleranza e di solidarietà per gli emarginati, lo pongono tra i livelli più alti della cultura e dell’arte letteraria attuale. (L.B.) 

Lunedì 8 ottobre h. 10.30

Biblioteca Carispaq (Centro Direzionale “Strinella ‘88”, via Pescara 4): la Giuria incontra la Giuria degli studenti della provincia dell’Aquila per la designazione del vincitore dell’edizione 2012;

Venerdì 19 ottobre h.16.00

Teatro del Carcere Circondariale dell’Aquila (Loc. “Costarelle” – Preturo): Tahar Ben Jelloun incontra i detenuti. Recital di poesia e premiazione dei vincitori della sesta edizione del concorso nazionale di poesia riservato ai detenuti dei penitenziari italiani;

Sabato 20 ottobre h. 11.00

Istituto Tecnico Industriale dell’Aquila: Tahar Ben Jelloun incontra gli studenti: Recital di poesia e premiazione del vincitore della “Sezione B” del Premio, riservata agli studenti delle scuole superiori della provincia dell’Aquila;

Sabato 20 ottobre h. 17.30

L’Aquila, Ridotto del Teatro Comunale: cerimonia di premiazione dell’XI edizione. Presenterà la serata il giornalista aquilano della RAI Andrea Fusco, con intermezzi musicali a cura dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese. Con la partecipazione degli attori Eva Martelli e Bartolomeo Giusti 

LAUDOMIA BONANNI

Laudomia Bonanni (L’Aquila 08/12/1907  – Roma 21/02/2002) è stata una delle principali scrittrici del Novecento e occupa un posto di assoluto rilievo nel panorama della letteratura italiana A lungo dimenticata, la sua personalità ha contribuito sia alla caratterizzazione di una narrativa in chiave femminile – ossia ispirata alla visione della realtà secondo l’ottica più affine alla donna – sia alla creazione di un particolare rapporto con la tradizione regionale verista e con il neo-realismo.

A L’Aquila Laudomia Bonanni è nata e ha vissuto prima di trasferirsi a Roma, come attesta la sua opera letteraria, in cui spesso compaiono angoli, paesaggi,  atmosfere tipicamente aquilani, dalle prime opere a quelle più mature, indipendentemente dalla problematica varia e complessa che la pervade. Il suo esordio avvenne a 17 anni, con la breve raccolta di novelle abruzzesi dal titolo emblematico “Storie tragiche della montagna” (Edizioni Secchioni, L’Aquila 1925); poi, la sua carriera letteraria fu un susseguirsi di successi, dal Premio Strega nel 1948 – per opera inedita – con “Il fosso” (Mondadori, Milano), al Premio Bautta nel 1950 –per opera prima- sempre con “Il fosso” al Premio Soroptimis nel 1955 con “Palma e le sue sorelle” (Casini, Roma), al Premio Viareggio nel 1960 con “L’imputata” (Bompiani, Milano), al Premio Campiello nel 1964 con “L’adultera” (Bompiani, Milano).

Dpopo questa stagione di alti rinascimenti e consensi (Montale avvicinò il romanzo “Palma e le sue sorelle” ai Dublinesi di Joyce), l’opera della Bonanni prosegui con altri prestigiosi romanzi, tutti pubblicati da Bompiani: “Vietato ai minori” (1975), “Città del tabacco” (1977), “Il bambino di pietra” (1979), “Le droghe” (1982). Da essi emerge sempre, sia pure in forma indiretta, la denuncia delle complesse difficoltà della condizione della donna e del suo difficile riscatto che, nel romanzo “Il bambino di pietra” è individuato e indicato nella scrittura. Illuminata e profetica intuizione, quella della Bonanni, visto che oggi, dopo secoli di silenzio e di problematico rapporto con la parola, le donne sono diventate protagoniste nella letteratura.

La casa editrice Textus ha pubblicato a settembre il romanzo inedito “La rappresaglia” (1985) l’ultima opera narrativa della scrittrice. Il romanzo fu terminato nel 1985  e può essere considerato il testamento letterario della scrittrice aquilana. Con un certo anticipo sui tempi, la Bonanni ha un approccio eterodosso alla tematica resistenziale. Protagonista del romanzo è una singolare figura femminile “la Rossa”, una partigiana catturata da una banda fascista che decide di fucilarla dopo che avrà partorito la creatura di cui è gravida. A questo personaggio l’autrice affida un messaggio ideologicamente rivoluzionario, quale quello della rivendicazione della funzione determinante e biologicamente superiore della natura femminile nell’ordine della natura e della storia.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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