L’AQUILA –  Vi comunico che, da domani mattina, disporrò la sospensione delle attività dell’ufficio tecnico comunale, almeno per quelle sfere di competenza che non configurano l’interruzione di pubblico servizio. Ho preso questa decisione dopo che oggi, per l’ennesima volta, mi sono scontrato con l’ottusità di procedure che, se non sono dettate da una volontà maligna di complicare le cose, dimostrano in maniera lampante l’allarmante inadeguatezza di alcuni settori e uffici della struttura commissariale. E questo, a oltre tre anni dal terremoto, è francamente intollerabile.

A meno che non sia in atto, da quelle parti, un singolare esperimento per verificare quale sia il limite di sopportazione di un sindaco, e di conseguenza dei cittadini, prima dell’insorgere di fenomeni di nevrosi, del sottoscritto e collettiva.

Altrimenti non si spiega perché, per procedere alla messa in sicurezza degli edifici e consentire la rimozione macerie dal centro storico per far partire la ricostruzione, un’amministrazione comunale di un paese di meno di 500 abitanti debba, nell’ordine: a) fare la richiesta di sopralluogo; b) sollecitarla ripetutamente in via informale; c) sottolinearne l’importanza con lettera scritta, e poi, dopo questa serie di suppliche insultanti per il ruolo di un sindaco: d) compilare schede; e) individuare preventivamente il tecnico che (forse) si occuperà della messa in sicurezza; f) chiedere ai proprietari dell’immobile da puntellare o demolire di segnalare il loro tecnico di fiducia; g) se richiesto dal tipo di intervento, depositare il progetto al Genio civile.

Vi faccio un esempio: per demolire o puntellare un fabbricato disabitato da anni con proprietari che sono emigrati 70/80 anni fa (e ce ne sono, ve lo assicuro) dovrei rintracciare i titolari di diritti sugli immobili in America o in Europa, chiedere loro di mettersi d’accordo per individuare un tecnico, farmi presentare un progetto, valutarlo e, solo a quel punto, chiedere la cortesia di una visita delle squadre incaricate per farmi dare il via libera a fare una cosa che, sin dalla legge 77/2009 di conversione del “decreto Abruzzo”, è stabilito normativamente in capo ai sindaci.

Ed è solo l’ultima, in ordine di tempo, paradossale dimostrazione di mancanza di sensibilità e di collaborazione istituzionale.

Mi chiedo se chi ha pensato questa e altre perle di assurdità burocratico-amministrative abbia mai fatto un giro per paesi come il mio, se abbia la minima idea di come si lavora “sul campo” alla rimozione delle macerie, alle messe in sicurezza, alla ricostruzione: devo immaginare di no, e le responsabilità sono generali.

Se sappia della fatica che abbiamo fatto per produrci “in casa”, visto la latitanza di sontuosi tavoli tecnici preposti, delle procedure dettate dal buon senso che hanno trovato, fortunatamente, l’intelligente operatività del soggetto attuatore per la rimozione delle macerie.

Se conosca la realtà di centri che hanno realmente toccato con mano la drammaticità degli effetti del terremoto, se sia consapevole dell’esiguità delle risorse umane finora assegnate, tra l’altro per tutti identiche a prescindere dalle effettive esigenze del territorio: altra istanza sempre caduta nel vuoto.

Sospendo l’attività degli uffici tecnici, quindi, perché non posso giocare una partita con “alleati” che non condividono le regole base ma, soprattutto, perché non sono più disponibile a “metterci la faccia” con i cittadini, che saranno opportunamente avvisati di questa mia decisione.

Interpretate questa lettera nel modo che riteniate più opportuno: lo sfogo di un disperato, un’inutile provocazione o un avanzare dei primi sintomi di quella nevrosi di cui parlavo prima. Da parte mia la considero l’ultimo strumento di ribellione che mi è rimasto, il tentativo estremo per chiedere un cambiamento radicale e un maggiore ascolto dei problemi di chi ogni giorno si cala in trincea. E per la prima volta lo faccio rendendo pubblico il disagio mio e di altri sindaci che condividono questa posizione. In caso contrario, commissariatemi pure, venite voi a farvi carico delle mie responsabilità, parlateci voi con le persone di questi posti che non ne possono più di mancate risposte e di lungaggini inspiegabili.

                Accomodatevi, le porte del Comune, pardon… dei container, sono aperte.   

Il sindaco di Villa Sant’Angelo

Pierluigi Biondi

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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