L’AQUILA – Quella che ci attende non è una competizione elettorale come le altre. Sono le prime elezioni da quando il terremoto ha drasticamente cambiato lo scenario del nostro futuro. Siamo di fronte a unopera ciclopica. Cè da governare la ricostruzione materiale, ma soprattutto da ricostruire la polis, che è stata letteralmente travolta dal terremoto. La comunità fatica a ritrovare se stessa, privata dei tradizionali punti di riferimento, intenta a ricucire strappi a volte troppo dolorosi per essere finanche riconosciuti e accettati come tali. E leconomia (già in agonia prima del 6 aprile ed oggi a rischio dipendenza quando finiranno i sostegni post-sisma) è in balia della crisi e priva di qualsiasi concreto piano di sviluppo.
Di fronte a tutto questo, la politica ha dato pessime prove di sé, senza distinzioni di schieramenti – paralizzata dalle liti, schiacciata dalle difficoltà, travolta dallincompetenza. Uno spettacolo mediocre che spinge molti ad appellarsi a un fantomatico sindaco tecnico. A questa tentazione, pure legittima e comprensibile, non voglio cedere. Perché credo sia un falso problema. Penso anzi che la Politica debba fare 10 passi in avanti, non 1 indietro. Noi abbiamo bisogno di PIU politica. Perché è l’ingrediente numero uno della democrazia. Quello che amalgama e cementa gli altri. Perché non possiamo certo pensare che le esigenze dei cittadini e delle imprese possano essere rappresentate dalle nostre associazioni di categoria o, peggio, dalle oligarchie che si riuniscono intorno ai piccoli centri di potere, dalle lobbies, dai portatori di interessi esterni e a volte in conflitto con quelli del territorio. Noi non possiamo permetterci di fare a meno della Politica. Perchè è lunica in grado di far sognare un popolo e spingerlo a ricostruire il proprio futuro.
Tutti gli stakeholders della comunità di questo territorio devono concorrere a costruire un nuovo progetto per questa città. E intorno ad esso solo la politica – lunica in grado di mettere insieme visionari e pragmatici, cittadini ed imprese, intellettuali e artigiani, bisognosi e facoltosi – può e deve aggregare energie e fiducia.
Abbiamo bisogno di una sana campagna elettorale, nella quale i vari schieramenti si confrontino civilmente con una competizione al rialzo, dove le coalizioni esprimano il meglio in termini di proposte programmatiche e persone. Non sappiamo ancora chi saranno i candidati. Ma sta a tutti noi far sì che emergano nomi all’altezza del contesto eccezionale. E non solo per il posto di sindaco. Nomi scelti in base a criteri di talento, merito, esperienza nei rapporti istituzionali anche internazionali, competenze tecniche… Non è più tempo di mettersi nelle mani di una sola persona. Dobbiamo individuare e coinvolgere le eccellenze. So che ne abbiamo, annidate negli enti di ricerca, negli studi professionali, nelle associazioni. E’ tempo che facciano sistema e rete i generosi, dovunque essi siano. Che vengano fuori i creativi, i virtuosi, gli illuminanti, i positivi… E non abbiano paura a sporcarsi le mani con la politica. Diamo alla politica il rispetto che merita. In cambio, però, pretendiamo abnegazione, senso di responsabilità, rispetto per i valori etici e morali che reggono la comunità.
I Greci combattevano tenendosi per mano. Dobbiamo fare come loro. Non lasciamo indietro nessuno. Politica, forze produttive, sindacali e società civile, siamo tutti obbligati a viaggiare insieme. Che senso ha lamentarsi che la politica è litigiosa o mediocre? Dobbiamo contaminarla. Dobbiamo sfidarla ad essere virtuosa. E per fare questo noi imprenditori dobbiamo dare degli esempi concreti, dobbiamo alzare, e di molto, l’asticella del senso di responsabilità, della meritocrazia, della trasparenza, della legalità e moralità. Rendere sterile il terreno per la cattiva politica. Essere i primi ad essere virtuosi, pronti a perdere qualcosa, sapendo di investire sul futuro.
Penso ad un autentico New Deal, coordinato dal direttore d’orchestra che verrà, con dentro tutti – partiti, forze produttive e sindacali, istituzioni, fondazioni, cciaa, università, banche, comitati dei cittadini – chiamati a condividere alcuni punti e una strategia.
Non vedo altra strada. L’alternativa è una classica competizione elettorale che ci porterà un sindaco messo a gestire lordinaria amministrazione e altri 5 anni di campagna elettorale infinita… E intanto L’Aquila perderà la straordinaria occasione che, nella tragedia, le si offre: quella di dare una svolta al destino, di imprimere una nuova direzione alla sua storia come già altre volte ha dovuto e saputo fare nel suo glorioso passato.
L’Aquila 2012. spinosa pingue:”futuro sindaco? come un direttore d’orchestra”
RICOSTRUIRE LA POLIS
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