L’AQUILA – Un modello matematico messo a punto in Italia ha permesso di studiare con una precisione senza precedenti le deformazioni avvenute nella faglia che ha causato il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. Il sisma più documentato d’Italia è diventato così il banco di prova del nuovo strumento che permette di “tenere d’occhio” i terremoti, descritto sul Geophysical Journal International dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Il terremoto dell’Aquila è stato utilizzato come riferimento perché “é quello per il quale abbiamo la più grande quantità di dati geodetici”, hanno osservato i due autori della ricerca: l’ingegnere Simone Atzori e il fisico Andrea Antonioli, entrambi dell’Ingv. Quello che emerge, hanno detto ancora gli autori dello studio, “é una nuova distribuzione della dislocazione sul piano di faglia” che “differisce un po’ da quelle presentate in passato”. Ossia risultano distribuiti in modo diverso gli sforzi sulle faglie vicine ed è possibile fare “nuove considerazioni sul meccanismo della rottura”. Il modello, hanno detto ancora i ricercatori, è adesso uno strumento a disposizione della ricerca sui terremoti in generale. Basato su tecniche di rilevamento da satellite, come l’interferometria differenziale radar dello spazio (DInSAR) e misure Gps, permette di misurare la deformazione del terreno provocata dalle faglie con una precisione inferiore al centimetro. Misure di questo tipo, secondo i ricercatori, sono “un passo in avanti per una corretta comprensione del fenomeno e delle sue conseguenze”, ad esempio per descrivere dove e come una faglia si è mossa e per sapere come le faglie vicine possono essersi ‘caricate’ aumentando la possibilità di eventi successivi”.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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